I racconti del Dir-a bordo del USS Dallas

Visto il successo e le pressanti richieste , torno a rispolverare i vecchi fasti e, sperando di fare cosa gradita, questa volta mi sono messo a romanzare il mio imbarco sul USS Dallas (un nome mitico, non credete?) durante l’esercitazione Sorbet Royal 2000. Ecco dunque la seconda puntata della nuova rubrica : “I racconti del Dir”. Gia pubblicato sul forum il 7 gennaio 2009 al link http://www.betasom.it/forum/index.php?showtopic=28797

Accomodatevi in camerino, sorseggiate il vostro Spalletti mentre raccolgo le idee e inizio il racconto (Il testo è ispirato ad un articolo uscito su RID di Febbario 2001)

DALLAS! Come può questo nome non suggerire subito le immagini di Sean Connery/Ramius e della romantica avventura da guerra fredda raccontata da Tom Clancy?
Questa volta però è realtà, una realtà che si intravede nell’oscurità del Mediterraneo orientale con la sua torretta nera e qualche flebile luce verde danzante sulla coperta. Su di essa il personale è in attesa che due gommoni dei “Deniz Commando” (gli incursori turchi) si affianchino nella calda serata estiva per trasferirea bordo gli ufficiali di collegamento turco ed italiano.


la sagoma del USS Dallas nell’oscurità

Lo scopo è evitare le sorprese e gli intoppi dell’ultimo secondo grazie a persone che conoscono i mezzi e il linguaggio parlato dagli equipaggi dei sommergibili che il battello da salvataggio (DSRV) MYSTIC (anche questo nome non è nuovo!) trasportato dal DALLAS dovrà andare a far finta di salvare. Meno male, il mare è calmo ed il trasbordo avvene senza inconvenienti; vengo gentilmente afferrato e guidato per il portello della garitta prodiera, che in realtà è dietro la vela. Scendo la scaletta per ritrovarmi nel ventre di questo squalo da 6.000 tonnellate e sbuco in mensa; le divise straniere suscitano giusto un accenno di curiosità negli indigeni prima che ritornino a vedere il film in proiezione. Vengo avvolto dagli odori di una cucina diversa da quella mediterranea e dal freddo pungente del condizionamento, mentre il mio viaggio continua.


la mensa equipaggio

Prima tappa la branda: l’ultimo di tre piani in un camerino a nove destinato agli ospiti; e devo anche considerarmi fortunato, vista la quantità di gente che dorme abbracciata ai siluri.
Lascio la valigia e dopo due passi trovo il quadrato; il Comandante in seconda (XO) mi attende, dice qualcosa, ma parla così in fretta che non capisco un’accidente, nonostante il sottoscritto venga da un mese di esercitazione con la Royal Navy. Su una brochure che l’XO mi offre, posso leggere i dati del USS DALLAS, i nomi degli ufficiali con gli incarichi, il numero della branda che mi è destinata ed il benvenuto del comandante McBrearty. Dopo anni di battelli convenzionali in varie salse, ero convinto che su un battello nucleare avrei sofferto di agorafobia ed invece … il WEPS, alias l’ufficiale alle armi, mi “inizia” ad un giro di ambientamento delle cose di fondamentale necessità e, considerando che c’è una dozzina di ufficiali, il bagno con doccia mi sembra spaziosamente “adeguato”. L’acqua non manca, mi dice il WEPS, ma mi “suggerisce” di non esagerare con le docce; sdegnato gli faccio osservare il delfino che porto sulla spalla sinistra, forse gli è sfuggito che sono anch’io sommergibilista e so quanto è preziosa l’acqua a bordo. Proseguiamo il giro e andiamo al ponte inferiore; la camera lancio siluri è stata pressoché sgomberata per trasformarla in camera da letto. Sono poche le armi sulle selle: qualche Mk-48 ADCAP e qualche HARPOON; ma, mi spiega il mio cicerone, dopo gli ultimi lavori di grande manutenzione il battello è stato modificato per il trasporto incursori e la camera lancio è normalmente il loro dominio, per di più spesso in “branda calda”, come succede a molti dei membri più giovani dell’equipaggio. Adesso lo spazio degli incursori è occupato da tecnici e piloti del DSRV – il MYSTIC appunto – nonché dalle loro apparecchiature di controllo e manutenzione.


in camera lancio

Mi abbasso e, dai letti matrimoniali approntati sulle selle inferiori dei siluri, un sottufficiale mi saluta. Rimane il fatto che è un luogo comunque silenzioso, almeno fino a quando qualcuno non decide di fare esercitazioni con i tubi di lancio. Questi, a proposito, sono quattro, due per lato, sguardati di qualche grado verso l’esterno.
Visito anche camerini e quadrato sottufficiali, nonché i locali del personale più giovane, invero non dissimili da quelli dei sottufficiali anziani. Bagni e docce sono ovviamente pochi,ma esiste una lavanderia con lavatrice ed un ferreo orario d’uso. Sono ancora stupito mentre mi spiegano che in bacheca l’XO appende quotidianamente l’orario della giornata. L’osservo: 6 ore di guardia e 12 di manutenzioni, posti di lavaggio, briefing e chi più ne ha più ne metta; non vi è certo di che annoiarsi dalle sei del mattino alle venti. A quell’ora c’è la proiezione di un film, diritto inviolabile dell’equipaggio. Vedo anche il mio nome: un benvenuto. Arrivo in mensa dove la proiezione del film è terminata, mentre dal bancone servono gli smontati dalla guardia. Ci sono 7 tavoli, ma l’equipaggio può superare le 100 persone e lo spazio anche qui non si spreca.


un saluto dai cuochi…

Lungo il corridoio, a disposizione di tutti, ci sono dispenser di succhi di frutta (a dire la verità li chiamano Bug-juice), di caffè bollente e di ghiaccio. Salgo in camera manovra giusto in tempo per l’immersione. Buio pesto, ma è un sollievo vedere che anche qui siamo lontani dai film di Hollywood; la guardia in plancia scende senza clamore, i portelli si chiudono mentre un sottufficiale anziano comunica al comandante che ha ultimato la check list ed il battello è pronto all’immersione.
“Dive, dive” annuncia la voce gracchiante dell’altoparlante, due fischi e vengono aperti gli sfoghi d’aria delle casse zavorra. Il battello sussulta per via dell’acqua che invade le casse e con pochi gradi di appruamento siamo a 160 piedi. Il sottufficiale di plancia (traduzione letterale, ma è l’equivalente della guardia all’assetto italiana) gioca brevemente col circuito assetto e compenso e poi consegna il battello all’ufficiale in comando di guardia.


la timoneria del Dallas

Si accendono le luci bianche e scopro le apparecchiature: certo il battello è vecchio e i segni dell’usura si vedono; d’altronde ho la possibilità di confrontarlo col mio ex battello, il DA VINCI, che è coetaneo del DALLAS. Sulla sinistra la timoneria con due timonieri, uno per la rotta e l’altro per la quota, poi viene la consolle di controllo dell’assetto ed un nuovissimo sonar ad alta frequenza;un bel giocattolo per avere una buona visione di quello che si trova in prossimità del muso di questo SSN. Al centro, affiancati, fanno bella mostra i periscopi, anche questi equivalenti per prestazioni ai nostri, ma se penso alla tecnologia che già allora c’era negli States mi meraviglio nel non trovare le diavolerie montate sui SAURO terza e quarta serie: sono della stessa ditta costruttrice, in fin dei conti.


come non fare una foto ricordo al periscopio

Dietro i periscopi due tavoli tattici e sul lato dritto le consolle del sistema di combattimento. Gli schermi verdi mi spiazzano un pochino, ma poi incomincio ad afferrare la differente filosofia nel mostrare i dati propri e del bersaglio. Da qui, tramite le tastiere, vengono impostati i dati per designare, inseguire ed eventualmente affondare i bersagli. Le armi a disposizione sono varie e controllabili contemporaneamente, ad esempio due siluri Mk-48 ADCAP o missili HARPOON. Sopra l’ultima consolle, staccata dalle altre perché a disposizione di chi coordina il tracciamento ed il lancio, c’è un televisore collegato al periscopio di scoperta ed un monitor che mostra il tipico andamento a cascata prospettato dai sonar moderni; un altro ausilio per la manovra.
Da dietro una tenda a soffietto intravedo il locale sonar, anche il capo sonarista mi vede e mi fa festa. Capo Gioello: con ascendenze palermitane, mi prende in consegna e mi mostra con orgoglio le consolle del sonar coi loro display a cascata ed i registratori su carta. Niente di fantascientifico, ma con una purezza di suono invidiabile, come è giusto che sia. In fin dei conti hanno a disposizione un sorprendentemente grande trasduttore sferico sulla prora e ben due cortine idrofoniche trainate.
Riaccompagnato in manovra osservo un display a LCD decisamente commerciale, ed infatti mi spiegano che il carteggio viene fatto su carte e programmi elettronici disponibili sul mercato, come l’attuale logistica americana impone.
Torno in branda notando che appena usciti dalla manovra ci sono, sulla sinistra, il camerino del comandante e quello del secondo. Sistemo la valigia dentro al letto, dove intelligentemente gli Americani hanno ricavato uno stipetto, e dopo poche ore mi risveglio congelato.


la branda

Scopro, mentre mi scaldo con un bicchierone di caffè locale, che prima dei lavori in quella stanza c’era il computer di riserva a quello principale e che nessuno si è premurato di installare un termostato per regolare il differente apporto di calore necessario ai corpi umani. Coi progressi della tecnologia, la ridondanza dei computer è tutta alloggiata dove prima c’era il computer principale, qualche metro a prora della camera manovra. Già che sono sveglio, visito il locale ausiliari e scopro un diesel a due tempi Fairbank-Morse; viene da un vecchio battello convenzionale ed è il diesel di emergenza in caso di avaria al reattore. E a tal proposito, praticamente non posso neanche nominare la parola “nucleare”: il locale macchine è off-limits come tutta la zona poppiera. Pranzando in quadrato ufficiali preso, credo, da compassione, il primo assistente di macchina mi spiega cosa si trova al di là dell’invalicabile muro: una cassa gasolio avvolge gli schermi esterni del reattore, assorbendo egli stesso parte delle radiazioni.


a mensa in quadrato ufficiali

Da una camera di controllo si gestisce la propulsione, articolata su un generatore di vapore (il reattore appunto), un circuito primario ed un circuito secondario di vapore. L’elica a pale uncinate mossa dalle turbine imprime al DALLAS le impressionanti velocità che gli permettono di fregiarsi dell’appellativo di “fast attack submarine”, decisamente molto superiori agli oltre 25 nodi dichiarati dalla brochure. Sempre a poppa c’è un locale ausiliari con un secondo scopo: non so come, visti gli spazi a disposizione, ma sono riusciti ad installare un vogatore ed una cyclette. A parte questa nota di colore, il lavoro del genio navale è davvero impegnativo tra controlli, procedure di sicurezza, esercitazioni e corsi di qualificazione ed addestramento.
A proposito di addestramento, i “delfini”, ovvero distintivi da sommergibilista, sono un riconoscimento davvero arduo da ottenere per un ufficiale, ad esempio, dopo l’accademia e la scuola sommergibili, che non sono uno scherzo, passa circa 12-15 mesi di lavoro e studio a bordo, alla mercè dei vari reparti. Passato l’esame con ognuno dei capi servizio, il tirocinante deve sostenere gli esami finali con l’XO prima e con il Comandante poi. La ricompensa è la stima e la fiducia dei colleghi, sotto forma di quei delfini dorati (argentati nel caso dei sottufficiali) cosegnati in forma solenne dal comandante davanti a tutto l’equipaggio.


l’assemblea dell’equipaggio del Dallas ad Aksaz, con cerimonia di consegna dei delfini

Universo a sé stante, ogni battello nucleare si produce tutto da se, anche l’aria. Tramite l’elettrolisi, si separa l’ossigeno dall’idrogeno dell’acqua di mare, e lo si immette in quantità controllate nell’ambiente, mentre l’idrogeno, assieme all’anidride carbonica, viene scaricato in mare. In emergenza esistono naturalmente le capsule di idrossido di litio, ma si tratta di eventi eccezionali. Contrariamente a quanto pensavo, però, l’impianto di generazione non rimane in moto tutto il tempo dell’immersione ed è anche possibile (solo in determinate situazioni, ovviamente) cambiare rapidamente l’atmosfera del battello con macchine ventilanti, senza mettere in moto il diesel.
Ormai si è fatto giorno e sta per iniziare la prima esercitazione di recupero naufraghi. Su un fondale di un centinaio di metri l’HIZIR REIS, un battello convenzionale ex americano del 1952, attende. Arrivo in manovra e trovo il battello a 180 piedi, con le rigorose procedure di sicurezza per il rilascio del DSRV in corso. Una telecamera, montata a qualche metro a poppa della vela apposta per l’occasione, mostra il MYSTIC sulle selle. Si perchè nella Marina USA il soccorso si fa da sottomarino a sottomarino, dopo che il minisommergibile è stato aerotrasportato con un Galaxy nel più vicino porto al disastro e ad un battello USA o GB o F.


la sequenza di salvataggio operata dalla Marina USA con i DSRV

Dopo i contatti di rito via telefono subacqueo col battello turco, il minisommergibile di salvataggio viene rilasciato, ma dopo una mezz’ora c’è un colpo di scena: l’eccessiva temperatura del mare Mediterraneo è deleteria ed una serie di avarie impongono al DSRV di rientrare in maniera anche avventurosa. Le procedure, ma soprattutto l’addestramento degli equipaggi americani, si sono dimostrate davvero impressionanti in questo frangente: l’ufficiale in comando di guardia del DALLAS manovrava le 6.000 tonnellate di battello come una bicicletta ed a velocità prossime allo zero, grazie ad un propulsore elettrico orientabile a poppa.
Si rientra ad Aksaz, vicino Marmaris, dove il DSRV era giunto in precedenza via aerea e dove ci sono i pezzi di ricambio e le attrezzature per ripristinare le avarie del MYSTIC.

Circa una giornata di viaggio in immersione e siamo nella nuovissima base navale turca, attualmente anche la principale dopo il disastroso terremoto del 1999 che ha distrutto Golciuk. La manovra del comandante, e del pilota turco, è rapida e precisa, grazie anche al propulsore orientabile a poppa. Disponibilità e ospitalità sono vocaboli sacri in Turchia e il team di supporto può intervenire sulle avarie in maniera rapida ed incisiva.


la scia del Dallas e il Mystic in coperta

lo ne approfitto per sbirciare i battelli (il grande ed il piccolo) dall’esterno. Dalla vela del DALLAS spuntano i due periscopi e le due antenne per telecomunicazioni, di cui l’equipaggio del sottomarino sta approfittando per mandare e-mail a casa. Già, non ci sono più i “familygram” con cadenza “quando capita”: adesso internet permette di dialogare con casa via posta elettronica in maniera molto frequente. Torniamo allo squalo.


la vela del Dallas da prora con un… “intruso”

Noto le piastrelle anecoiche, che però ricoprono solo i lati. La parte centrale dello scafo è rivestita di antisdrucciolo fino al “cuffione” in vetroresina che racchiude l’enorme trasduttore sonar; sul lato sinistro corre il ricovero di una delle due cortine idrofoniche rimorchiate, il cui verricello è alloggiato nelle casse zavorra prodiere.


vista da poppa

vista da prora

Qualche metro dietro la vela sbuca la prima garitta di fuoriuscita, ma per l’accesso a bordo c’è anche il portello di imbarco delle armi, a prora della vela. Non è avviata idrodinamicamente, e mi spiegano che su quella garitta poggia il DSS, lo shelter che ospita l’SDV, ovvero il “maiale” (fatte le debite proporzioni temporali) degli incursori americani. Non è lontano il DSS e noto che è un grosso cilindro con un portellone a poppa ed una sfera a prora che può servire anche da camera iperbarica; il tutto opportunamente carenato.


il DSRV Mystic

Continuo la passeggiata verso poppa fino a vedere, dietro il timone verticale, alcune pale dell’elica. E’ in proporzione col battello: gigantesca. Riesco anche ad entrare nel DSRV; da bordo non posso perché è alloggiato sulla garitta del compartimento poppi ero, ovvero nella zona off-limits, ma adesso è sull’apposito camion per permettere le riparazioni.


sbarco Mystic per manutenzione

Entro attraverso la gonna, nella sfera centrale che, come quella poppiera, è destinata esclusivamente ai naufraghi. Tramite un portello si accede alla sfera prodiera dove l’elettronica è padrona assoluta. Tutto è automatizzato ed una serie di sonar ad alta definizione e di telecamere permettono di avere la situazione esterna sotto controllo senza bisogno di oblò.


la plancia del DSRV, sembra un’astronave… foto USNavy

Esiste comunque un “periscopio” per osservare sotto il battello o nei casi di emergenza. Dopo il tour de force si riparte, siamo ancora in tempo per “salvare” gli equipaggi del SAKARYA, un classe 209 tipo 1400, e del PRINI, classe SAURO 3° serie.


l’onda di prora

foto ricordo in plancia

Siamo in zona e ad una quota più profonda della precedente esercitazione; l’acqua qui è fredda di quasi dieci gradi ed il DSRV non sembra risentire di alcun problema. Il battello si pone in stazionamento automatico, grazie ad un piccolo sistema che, tramite un certo numero di accelerometri, controlla la pompa assetto e le relative casse, permettendo al DALLAS di rimanere entro un margine davvero ristretto dalla quota ordinata. Osservo affascinato la profondità del mare che circonda il DALLAS ed il MYSTIC, è tutto così irreale …
Lentamente il DSRV si stacca dal MOsub, deriva a dritta e sale di quota. Appena a distanza sufficiente, il Comandante del DALLAS, che raramente ha lasciato la camera manovra in queste occasioni, dà il permesso di discesa a quota profonda al MYSTIC.
Questa volta va tutto bene: il battello turco viene raggiunto e i primi uomini del suo equipaggio salgono sul DSRV americano. Via telefono subacqueo si sentono le comunicazioni tra il sommergibile di salvataggio e il SAKARYA che tranquillizzano su tutti i dubbi che una “prima volta” può comportare. Anche il rientro del piccolo sommergibile avviene senza problemi e dopo il suo saldo ancoraggio sulle selle di supporto, il DALLAS torna a quota periscopica per dare conferma del successo. Il giorno dopo tocca a me fare da collegamento tra DALLAS/MYSTIC e PRINI, ma a parte un piccolo briefing al pilota del minisommergibile sui sistemi della garitta di salvataggio italiana, non c’è alcuna necessità di tramite: il DSRV è perfettamente compatibile anche coi sistemi di salvataggio italiani.


lo sbarco… arrivederci Dallas!

Il MYSTIC rientra ed ho appena il tempo di salutare gli amici che un mezzo della capitaneria di porto (decisamente più comodo dei gommoni del Deniz Commando) attende me ed alcuni ufficiali della DSU, l’ente che amministra i mezzi di salvataggio americani. Emersione con aria di emergenza, un ultimo regalo. Tramite un telecomando ad aria compressa, vengono messi in comunicazione diretta i gruppi dell’aria alta pressione e le casse zavorra, esaurendo in maniera estremamente rapida le casse zavorra. Il DALLAS è emerso come un pallone, lasciando avvertire ai presenti la fastidiosa sensazione di un veloce ascensore che sale. Arrivederci e “good job” DALLAS.

USS Dallas
la foto da “love wall” del Dallas

e la foto da “love wall” del Mystic

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